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Giorno di primavera, in Park Street, una famiglia composta da nonna, madre e bambino si muoveva lentamente lungo il sentiero. Mi sono fermato vicino a un albero per osservare le foglie sbocciare, tenendo d'occhio le persone che passavano. La mamma teneva per mano una ragazza con una giacca rosa chiaro. All'improvviso, nel silenzio del fine settimana, si sente un grido: "Cosa stai facendo, mamma?" La madre ha colpito in faccia il bambino davanti a tutti. Per la sorpresa, il risentimento, il dolore, la ragazza si coprì il viso con le mani e cominciò a singhiozzare. Fece due passi avanti e camminò da sola, curva e chinava la testa tra le piccole mani. Piangeva, il dolore le bruciava il petto, si teneva a distanza dalla madre pericolosa, le lacrime le rigavano le guance: “Per cosa? Cosa dovrei fare per farmi amare da te, mamma?" Richieste silenziose di un bambino, che implora dal silenzio almeno l'amore di una piccola madre. Questo non è un evento occasionale; le esibizioni della madre sono una sessione quotidiana. Ancora e ancora: critiche, colpi, punizioni. "Non sono così, non sono adatto" - i pensieri spiegavano attentamente al bambino quale fosse il vero problema Per un bambino indifeso non c'è via d'uscita se non quella di spremere tutto dentro, rinunciare a ciò che vuole, iniziare pensando che se mia madre mi picchia, significa che in me c'è qualcosa che non va. Credere a tua madre e non a te stesso, abbandonarti a te stesso. Il cammino verso l'età adulta è segnato da un sentimento di inferiorità. Per resistere devi adattarti a tutti coloro che ti circondano nel timore di sentirti nuovamente rifiutato. Amici, compagni, matrimonio, figli. Tutti diventano importanti. Nella tua testa, con un clic sulla macchinetta, sei più importante di me. Molti di noi sono sopravvissuti alla violenza, al rifiuto della persona che amiamo di più. A volte ci sembra che non amo mia madre, ma sono comunque accanto a lei. Non consideriamo la possibilità che ci sia qualcosa che non va in lei, siamo sicuri del contrario “non sono adatta”. Rimanendo nelle nostre strategie di sopravvivenza, trasformiamo la vita in paura. Continuando a mettere gli altri al di sopra dei nostri interessi, finiamo per finire sotto il piedistallo. In questo processo, non scopriamo mai “Chi sono e cosa voglio?”. Per ritornare a noi stessi, è importante riconoscere l’impotenza che abbiamo sperimentato: “È stata mia madre a non adattarsi al ruolo di madre adulta. , mi va tutto bene»